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Come monitorare lo smart working

Da Redazione

Settembre 12, 2020

Come monitorare lo smart working

Lo smart working è ormai diventato una realtà in Italia, anche a causa della spinta della crisi sanitaria causata dall’emergenza Covid-19 che ha spinto le aziende a trovare metodi sempre migliori per ridurre drasticamente il rischio contagio per i propri dipendenti.

Nell’articolo di oggi andremo ad approfondire in particolare come monitorare lo smart working, ossia andremo ad analizzare quali sono i metodi che il datore di lavoro può utilizzare, rimanendo nei confini della legge, per controllare che i propri dipendenti in smart working svolgano effettivamente il proprio lavoro.

Come monitorare lo smart working

Qualsiasi manager alle prese con la prospettiva di concedere ai propri dipendenti la possibilità di lavorare in smart working si sarà posto la domanda: come controllare il dipendente in lavoro agile? La domanda è ovviamente legittima poiché è tra i compiti del datore di lavoro controllare che i propri dipendenti svolgano con professionalità il proprio lavoro, senza tralasciare nulla. Ovviamente questo controllo è reso meno immediato dalla distanza fisica che viene a crearsi tra datore di lavoro e lavoratore nel caso in cui si ricorra allo smart working.

Esistono tuttavia numerose possibilità per controllare il lavoratore e in questa guida andremo ad analizzarle tutte, cercando di mantenere l’attenzione su cosa è concesso dalla legge e analizzando invece quali sono i comportamenti che è meglio evitare per non essere accusati di mobbing. Prima di cominciare vi consigliamo di leggere questa guida completa sullo smartworking che vi spiegherà che cos’è e come funziona.

Come monitorare lo smart working

Negli ultimi anni è innegabile che la spinta al modello di lavoro intelligente abbia avuto una crescita esponenziale, secondo molte ricerche questo modo di svolgere il lavoro ha migliorato di molto la vita dei dipendenti, aumentando contemporaneamente anche la produttività delle stesse aziende.

Ovviamente per un manager accettare di far lavorare i propri dipendenti in smart working rappresenta una vera e propria sfida volta al cambiamento. Applicando però al meglio le normative e avendo un approccio proattivo è molto probabile che questo modo di lavorare possa rendere migliore il rapporto di lavoro.

In Italia lo smart working aveva faticato molto ad imporsi prima dell’avvento della pandemia di Covid-19 ma proprio in seguito all’emergenza sanitaria si è diffuso a macchia d’olio, ancora oggi sono molti gli interrogativi relativi a questo sistema lavorativo.

Smart working: perché è necessario il monitoraggio

Il rapporto di lavoro che viene instaurato tra il lavoratore e l’azienda in regime di smart working è essenzialmente fondato sulla fiducia, proprio per la natura stessa delle modalità di svolgimento lavorativo. Ovviamente questo implica che le aziende debbano controllare con attenzione l’operato dei propri smart worker, onde evitare spiacevoli sorprese.

Ovviamente tra controllare ed opprimere un lavoratore c’è una grande differenza, il datore di lavoro non deve mai condurre il proprio dipendente sotto condizione di stress eccessivo causato dal troppo controllo, in questi casi infatti lo smart working diventa addirittura controproducente, sia per l’azienda che per il lavoratore stesso.

Per il controllo dei propri lavoratori in regime di smart working le aziende devono comunque rispettare gli articoli 2-3-4 dello statuto dei lavoratori.

Smart working: quali sono i controlli ammessi e quali no

Nonostante lo smart working è uno strumento che esiste ormai da tempo, anche prima dell’emergenza di coronavirus, sono moltissime le aziende che hanno cominciato a considerarlo come una valida alternativa proprio in questo periodo. Come detto, l’azienda ha il dovere di controllare l’operato dei propri lavoratori in smart working, in particolare il tema più controverso legato all’argomento è quello relativo alla privacy dei dipendenti e al rischio che i dispositivi utilizzati dal lavoratore per svolgere il proprio lavoro siano controllati.

Privacy e smart working

Oltre a queste criticità che emergono immediatamente, esistono numerosi altri aspetti meno immediati che però sono ugualmente importanti da considerare.

Come abbiamo già accennato all’interno degli articoli 2-3-4 dello statuto dei lavoratori vengono definiti i limiti entro cui ogni datore di lavoro può effettuare dei controlli sul corretto svolgimento della prestazione da parte dei suoi dipendenti in regime di smart working. In particolare il quadro normativo considera delle azioni non consentite che possono configurarsi quindi come vere e proprie violazioni nei confronti del dipendente. In particolare parliamo di:

  • L’azienda non può monitorare gli spostamenti del lavoratore.
  • L’azienda non può effettuare un controllo massivo a distanza sull’uso del PC da parte del dipendente e non può tracciare i siti che utilizza o visualizza.
  • Non è possibile utilizzare una telecamera fissa o altre apparecchiature di controllo a distanza, sulla postazione del lavoratore in smart working.
  • Non è possibile controllare il PC personale del dipendente, nemmeno nel caso in cui le mansioni lavorative siano svolte attraverso di esso.

In particolare, per quanto riguarda il controllo massivo a distanza del PC e dei siti visualizzati dal dipendente, l’articolo 4 dello statuto dei lavoratori è estremamente chiaro: “è vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività del lavoratore”. Questa tipologia di strumenti può infatti essere utilizzata soltanto per esigenze organizzative o produttive che mirino a tutelare il patrimonio aziendale ed il lavoratore stesso. L’installazione in ogni caso può avvenire soltanto successivamente ad un accordo collettivo stipulato dai sindacati unitari oppure dalle rappresentanze aziendali.

Ora che abbiamo chiarito quali sono le azioni di controllo che il datore di lavoro non dovrebbe compiere, andiamo a vedere in quali caso le ispezioni sono possibili:

  • Quando bisogna effettuare controlli per verificare casi di ipotesi di illeciti da parte del dipendente.
  • Controllare software con accordo sindacale per individuare la posizione e inviare, ad esempio, il tecnico manutentore più vicino.
  • Se l’azienda decide di avvalersi di un investigatore privato come avviene ad esempio nei casi in cui si sospetti una finta malattia da parte del lavoratore.
  • Controllare i beni aziendali forniti al dipendente, come ad esempio il computer aziendale e la posta elettronica.
  • Prima di iniziare un rapporto professionale il datore di lavoro dovrà informare il dipendente sul divieto di utilizzare i beni aziendali per motivi personali, come ad esempio nel caso in cui il dipendente controlli la propria posta personale poiché il computer potrebbe essere sottoposto a controlli.

Smart working: prima regola, chiarire le regole

Come è facile intuire, un manager o un datore di lavoro dovrebbero per prima cosa, quando ancora non è stato instaurato un regime di lavoro in smart working, chiarire e definire con il lavoratore il modo in cui vuole organizzare il lavoro agile.

Bisognerà creare un piano strutturato che offra ai lavoratori delle linee guida chiare e che garantisca la giusta formazione per poter portare a termine i propri compiti in regime di smart working. Bisognerà inoltre che il lavoratore sia formato su quelli che sono gli strumenti da utilizzare e che sia informato sulle figure a cui rivolgersi nel caso in cui si verifichino dei guasti o dei malfunzionamenti.

Smart working: si può parlare di mobbing?

Un aspetto molto importante che interesserà le aziende, oltre ai rischi legati proprio alle stesse modalità con cui si svolge lo smart working, è certamente capire se le criticità classiche legate alle forme di lavoro tradizionali possono configurarsi in caso di lavoro agile, in particolare il fenomeno del mobbing.

Per entrare più nello specifico sono in molti a chiedersi se i controlli eccessivi effettuati nel tempo attraverso mezzi come supporti audiovisivi o software possono configurarsi come vero e proprio mobbing.

Smart working e mobbing

Per poter dare una risposta basta analizzare la definizione di mobbing in giurisprudenza, per cui la caratteristica principale è una condotta finalizzata a danneggiare il lavoratore che viene perpetrata nel tempo. Per far si che possa configurarsi il reato di mobbing è quindi necessario che si verifichino atteggiamenti vessatori ed apertamente ostili, sotto forma di persecuzione psicologica ed anche di mortificazione morale. Questi atteggiamenti, per loro stessa natura, risultano più difficili da perpetrare in regime di smart working.

In questo caso le criticità sono legate a forme di controllo illecite che possono trasformarsi in vere e proprie violazioni della privacy ai danni del dipendente. Oltre a questo è possibile anche che si verifichino degli abusi di tipo etico o psicologico. Il reato di mobbing è quindi di difficile configurazione in caso di smart working anche perché la dimostrabilità dei comportamenti vessatori è già piuttosto complicata da accertare nello spazio fisico dell’ufficio e lo diventa ancora di più nel caso in cui la prestazione lavorativa venga svolta da remoto.

Oltre a questo è piuttosto chiaro come la maggior flessibilità delle modalità stesse del lavoro agile porti all’attenzione il problema del diritto alla disconnessione di ogni lavoratore. Il rischio dei lavoratori di rimanere costantemente connessi in un contesto di scarsa regolamentazione è infatti molto concreto ed aumenta di pari passo con la disponibilità di nuove apparecchiature mobili.

Smart working in Italia e ossessione del controllo

Dovremmo adesso avere molto chiaro come monitorare lo smart working. Oltre a questo è necessario tuttavia elaborare un’analisi più approfondita sulle dinamiche stesse del controllo dei lavoratori e sulla concezione del lavoro in Italia. Nel nostro paese infatti lo smart working ha storicamente faticato molto ad ingranare proprio a causa dell’ossessione del controllo manifestata dai manager di casa nostra sui propri dipendenti.

Quando si decide di far lavorare un proprio dipendente in smart working bisognerebbe considerare i numerosi vantaggi che questa scelta comporta e bisogna allo stesso tempo entrare in un’ottica di fiducia reciproca con il lavoratore. La nostra società è quindi chiamata in questi mesi a fare passi accelerati in direzione di un distacco dalle manie di controllo ossessive, concentrandosi al contempo sui risultati che il dipendente porta.

Ovviamente anche i dipendenti hanno il dovere morale di essere sempre reperibili durante l’orario lavorativo e dovranno avere come scopo primario il raggiungimento di quelli che sono gli obiettivi aziendali. Bisogna insomma spostare l’attenzione dal dipendente e portarla sui risultati portati da quest’ultimo.

Per la sua stessa natura il controllo effettuato da remoto è completamente diverso da quello effettuato all’interno dell’azienda. Infatti è provato che gli smart worker rispondano molto meglio ad un controllo fatto di chiamate ed incontri stabiliti in cui inviano report sui compiti che hanno svolto.

In questo modo sarà possibile per il dipendente avere la percezione di essere una parte integrante degli obiettivi aziendali, riuscendo ad essere più produttivo di come lo sarebbe stato in azienda.

Come monitorare lo smart working: strumenti utili

Ora che abbiamo piuttosto chiaro come dovrebbe essere svolto il monitoraggio dell’attività lavorativa dei dipendenti in regime di lavoro agile, cosa è possibile fare e cosa no, andiamo a vedere quali sono gli strumenti che la tecnologia offre per monitorare lo smart working.

Prima di tutto prendiamo in considerazione Google poiché basterà disporre di un account per avere numerosi strumenti utili per poter svolgere il lavoro in smart working. Stiamo parlando di tool come: Google drive, Google Calendar, Gogle documents e sheet, grazie ai quali è possibile creare documenti, prendere appuntamenti e tanto altro, in modo molto semplice e condividerli con grande facilità con i propri colleghi.

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Anche Trello è uno strumento davvero molto utile per pianificare il lavoro, consente infatti di gestire delle to-do-list condivise tra due o più persone (datore e lavoratore ad esempio) ed è ricco di funzionalità, come ad esempio la possibilità di creare tabelle suddivise per cliente, allegare file e inserire commenti. Grazie a Trello è possibile sia effettuare un’operazione di supervisione da parte del manager, sia condividere il lavoro con i propri colleghi, dividendosi i compiti in modo che ognuno possa svolgere in serenità la propria parte.

Un altro strumento molto utile è Slack che consente di raggruppare tutte le chat in base a quello che può essere l’obiettivo dell’azienda o in base ai diversi clienti. Oltre alle chat di gruppo Slack consente di pianificare il lavoro e di parlare in privato con ogni lavoratore.

Ci sono poi tutti i software che consentono di effettuare videochiamate, tra i più usati troviamo Zoom che consente di effettuare videocall di gruppo semplicemente iscrivendosi al portale. Una volta creata una stanza il portale vi fornirà un link da divulgare a tutti gli invitati.

Altrettanto utilizzato è Skype che è molto consigliato per colloqui privati con i lavoratori ma anche per la funzione di condivisione dello schermo nel caso in cui un collega abbia bisogno di aiuto per risolvere qualche problema.

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